Lettera di Arch.i.m. al Consiglio Superiore della Magistratura, alla Direzione generale per gli archivi e alla Soprintendenza archivistica per il Lazio in merito al progetto di digitalizzazione dell’archivio cartaceo del Consiglio Superiore della Magistratura

Alla Presidenza del Consiglio Superiore della Magistratura
Al Direttore generale per gli archivi, dott. Mario Guarany
Al Soprintendente archivistico per il Lazio, dott. Mauro Tosti Croce

Signor Presidente,

la scrivente Associazione “Archivisti in Movimento” inoltra la presente a seguito delle numerose osservazioni ricevute in merito alla notizia di recente diffusa circa il progetto del Consiglio Superiore della Magistratura di impiegare reclusi del carcere romano di Rebibbia per la “digitalizzazione” del suo archivio cartaceo.

Secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato in data 13/03/15 in “Guida al Diritto” de “Il Sole 24 Ore” (http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/guidaAlDiritto/dirittoPenale/2015-03-12/csm-pensa-detenuti-rebibbia-digitalizzare-suo-archivio-103633.php), almeno una parte dell’archivio del CSM è conservato provvisoriamente in una sede decentrata: “Da decenni la documentazione cartacea è depositata in un’immobile a Roma dell’Agenzia delle Entrate che l’anno scorso ne ha chiesto la restituzione. In quei locali che si trovano in viale Trastevere ci sono circa 5.000 fascicoli personali di magistrati, tutti gli incartamenti della Sezione disciplinare dal 1982 ad oggi, e – tra l’altro – circa 300 fascicoli su fatti di criminalità organizzata. Di una parte di questo materiale è già stata decisa la distruzione.”

Quale soluzione alla situazione di precarietà sopra esposta, nonché “per dare un’opportunità di reinserimento ai reclusi del carcere romano” il Comitato di Presidenza del CMS avrebbe già espresso parere favorevole, restando in attesa della definitiva approvazione da parte del plenum, all’operazione di “digitalizzazione” (che sembra piuttosto sostanziarsi nella mera scansione dei documenti).

Pur riconoscendo l’intenzione senza dubbio positiva connessa all’opportuna attività di reinserimento dei detenuti, l’iniziativa ha destato sconcerto soprattutto in relazione alle condizioni precarie in cui sembrerebbe trovarsi il complesso documentario, apparentemente trascurato, nonché – ad esempio – per l’assenza di indicazioni relative alle modalità con cui è stata assunta la decisione di distruggere gli originali cartacei attualmente nell’archivio di deposito.

Degli archivi correnti e di deposito, del resto, sono responsabili gli stessi soggetti produttori che curano direttamente la tenuta, l’organizzazione, la conservazione e, per quanto previsto dalla legge, la consultabilità. Essendo, però, la fase formativa di particolare rilievo per le fasi successive e quindi anche per l’esistenza dell’archivio storico, lo Stato svolge una funzione di tutela anche quando l’archivio è strumento di gestione del soggetto produttore, nonché nella sua fase di deposito.

Riteniamo pertanto doveroso sottolineare che la documentazione prodotta dall’amministrazione costituisce patrimonio pubblico, e che la sua gestione – da operarsi necessariamente secondo una corretta metodologia archivistica – sia un diritto del cittadino e un dovere della Pubblica Amministrazione; tale documentazione è altresì un bene culturale, secondo il Codice dei Beni Culturali (Parte II, Tit. 1, Capo 1, Art. 10, Comma 2b), affidato per legge, per quanto riguarda la sua “conservazione, tutela, valorizzazione e fruizione”, alla professionalità specialistica degli archivisti (Legge di modifica al Codice dei Beni Culturali, n. 110 del 22/07/2014, G. U. Serie Generale n. 183 del 08/08/2014, in vigore dal 23/08/2014). La documentazione in oggetto, inoltre, potrebbe con ogni probabilità contenere dati personali, identificativi, sensibili e giudiziari (secondo il dettato dell’art. 4 del Codice in materia di protezione dei dati personali, D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196), la cui riservatezza e corretto utilizzo devono essere tutelati dai titolari legittimi del trattamento dei dati.

L’Associazione Arch.I.M. chiede pertanto che le Autorità specificamente competenti pongano in essere tutte le attività di verifica e di vigilanza in merito, al fine di riscontrare la corretta tenuta dei complessi documentali nonché la presenza o meno di funzionari archivisti in ruolo nell’Amministrazione di pertinenza.

In attesa di riscontro alle criticità evidenziate, cogliamo l’occasione per porgere distinti saluti.

Il Presidente

Lettera di Arch.I.M. al Comune di Sesto San Giovanni in merito al comunicato del 02/12/14 “Lavorare in Comune per scontare la pena per guida in stato di ebbrezza”

Pubblichiamo il testo della lettera inviata da Arch.I.M. al Comune di Sesto San Giovanni in merito al comunicato stampa pubblicato in data 02/12/14 sul sito istituzionale del Comune, con il quale il medesimo informa di aver autorizzato la sottoscrizione di una convenzione con il Tribunale di Monza per l’impiego di “condannati per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti” in lavori di pubblica utilità, fra cui il supporto ad attività di inventariazione e riordino di archivi.

Al Responsabile ufficio stampa del Comune, dott. Alberto Covini

Alla Segreteria comunale, sig. Roberto Barrelli

Alla Presidente del Tribunale di Monza, dott.ssa Anna Maria Di Oreste

Al Prefetto di Monza e della Brianza, dott.ssa Giovanna Vilasi

Al Direttore generale per gli archivi, dott.ssa Rossana Rummo

Alla Soprintendenza archivistica per la Lombardia, dott. Maurizio Savoja

Roma, 22 dicembre 2014

Gentile Sindaco,

gli Archivisti in Movimento inoltrano la presente a seguito delle molte osservazioni ricevute in merito al comunicato stampa pubblicato in data 02/12/14 sul sito istituzionale del Comune, “Lavorare in Comune per scontare la pena per guida in stato di ebbrezza”. Nel comunicato in oggetto si legge che il Comune di Sesto San Giovanni avrebbe autorizzato la “sottoscrizione di una nuova convenzione con il Tribunale di Monza per accogliere lavoratori di pubblica utilità: i condannati per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti potranno dunque chiedere di scontare la loro pena lavorando per la collettività”. “Per i lavoratori che verranno accolti (massimo 1 o 2 contemporaneamente per tipologia di servizio)” si legge più oltre, “non è prevista alcuna retribuzione, saranno indirizzati alla mansione più adatta a loro dopo averne verificato competenze e curriculum, saranno assicurati e dotati dei necessari strumenti per evitare infortuni e malattie professionali.” Pur riconoscendo l’intento positivo con cui è stata intrapresa, l’iniziativa della convenzione ha destato sconcerto relativamente alla previsione d’impiego “nella sistemazione dei fascicoli dell’archivio… nel supporto alle attività di inventario, nell’attività di riordino di archivi”.

Riteniamo doveroso sottolineare, infatti, come ci appaia una sostanziale incongruenza l’affidare a “lavoratori di pubblica utilità” (secondo la Legge 120/2010 che prevede la possibilità di sostituire le pene dell’arresto e dell’ammenda per guida in stato di ebbrezza, con la pena del lavoro di pubblica utilità, di cui all’art. 54 del d.lgs. 274/2000) incarichi, come “l’attività di riordino di archivi”, configurantisi come altamente specialistici, al fine di “scontare una pena in favore della collettività”, seppure in funzione di mero supporto.

Riteniamo doveroso sottolineare infatti come la documentazione prodotta dall’amministrazione costituisca patrimonio pubblico, e che la sua gestione – da operarsi necessariamente secondo una corretta metodologia archivistica – sia un diritto del cittadino e un dovere della Pubblica Amministrazione; tale documentazione è altresì un bene culturale, secondo il Codice dei Beni Culturali (Parte II, Tit. 1, Capo 1, Art. 10, Comma 2b), affidato da quest’anno per legge, per quanto riguarda la sua “conservazione, tutela, valorizzazione e fruizione”, alla professionalità specialistica degli archivisti (Legge di modifica al Codice dei Beni Culturali, n. 110 del 22/07/2014, G. U. Serie Generale n. 183 del 08/08/2014, in vigore dal 23/08/2014).

Richiamiamo inoltre l’attenzione sul fatto che la documentazione che sarà oggetto dei lavori di inventariazione e riordino potrebbe con ogni probabilità contenere dati personali, identificativi, sensibili e giudiziari (secondo il dettato dell’art. 4 del Codice in materia di protezione dei dati personali, D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196), la cui riservatezza e corretto utilizzo devono essere garantiti dai titolari legittimi del trattamento dei dati.

Per questi motivi riteniamo imprescindibile che qualunque tipo di incarico in campo archivistico sia svolto esclusivamente da professionisti del settore, siano essi strutturati nelle amministrazioni coinvolte oppure liberi professionisti ad incarico esterno, che garantiscano il corretto trattamento della documentazione e l’applicazione di una corretta metodologia di riordino e descrizione in grado di assicurare la possibilità di risalire ad ogni singolo documento e di conseguenza a garantire la certezza del diritto e la memoria storica.

Chiediamo per questo motivo, al fine di non contravvenire al dettato della legge 110/2014, di modificare la convenzione de quo eliminando dall’elenco di attività in oggetto i riferimenti alle attività archivistiche, le quali non possono in alcun modo configurarsi, dato le già richiamate delicate implicazioni giuridiche dei materiali su cui esse si espletano, come semplici attività di pubblica utilità – assumendo esse profilo di garanzia e tutela verso il cittadino – optando invece in favore di un congruo ventaglio di attività generiche che non rischino di risultare in contrasto con la normativa vigente.

Chiediamo al contempo attività di vigilanza in merito da parte delle Autorità specificamente competenti al fine di verificare la presenza o meno di funzionari archivisti in ruolo nelle amministrazioni coinvolte o, in assenza di essi, di adoperarsi per il reperimento di liberi professionisti da contrattualizzare allo scopo. Ad esse si invia la presente per conoscenza.

In attesa di un puntuale riscontro alle criticità evidenziate, cogliamo l’occasione per porgere distinti saluti.

per Il Direttivo Nazionale Arch.I.M.

Angelo Restaino