Pubblichiamo il testo dell’intervento pronunciato da Veronica Bagnai, di Arch.I.M. – Archivisti In Movimento, al Salone del Restauro di Firenze il 13 novembre 2014
Ringrazio di nuovo tutti voi per questa nuova occasione di dibattito e permettetemi anche di esprimere, come archivista, la mia personale gratitudine verso Archim per quello che ha significato per me in termini di presa di coscienza del mio ruolo e che spero di essere riuscita a esprimere in questo intervento.
Ringrazio il Salone del Restauro e Nardini Editore per l’ospitalità e la Ragione del Restauro nella persona di Andrea Cipriani per aver invitato Archim, l’associazione di cui faccio parte, ad intervenire a questo incontro che segue da vicino quello, fondamentale, di Paestum del 1° nov. scorso. Fondamentale perché rappresenta il risultato di un lungo percorso di conoscenza, confronto e sostegno reciproci che possiamo far iniziare dalla grande manifestazione del gennaio 2014 contro il famoso bando “500 giovani per la cultura” lanciato dal Mibact. E’ come se in tutti questi mesi avessimo testato l’effettiva possibilità di far fronte comune e quindi l’esistenza di una convergenza di idee e di obbiettivi. L’esito di questo confronto è stato evidentemente positivo se ha portato alla nascita di una realtà come Confassociazioni-Beni Culturali, pur nelle differenze che esistono fra noi e che ovviamente implicano anche una specificità di problemi da affrontare all’interno di ciascuna associazione: penso, per noi, alle dinamiche degli archivi ambito in cui la rivoluzione digitale ha generato una confusione e una proliferazione di ruoli. Penso anche al tema, che tutti ci riguarda, dell’uso dei beni culturali come mezzo per attrarre investimenti e generare guadagni. Siamo a Firenze e allora non posso fare a meno di ricordare alcuni casi controversi come la “fasciatura” del Battistero con tele raffiguranti un foulard disegnato dallo stilista Emilio Pucci nel 1957, oppure la chiusura del ponte di Santa Trinita dato in affitto per una cena di gala o ancora la sfilata Pitti alla Biblioteca Nazionale Centrale e, per finire con un esempio archivistico, l’allestimento di una discoteca per la festa dell’ultimo dell’anno presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma. Ho fatto questi esempi un po’ “estremi” per ricordare qui la necessità che Confassociazioni-Beni Culturali si batta anche per sostenere il ruolo attivo e decisivo che i professionisti dei beni culturali devono rivendicare nella gestione del patrimonio, al fine di conciliare in modo armonico ed efficace promozione e salvaguardia dello stesso, non solo della sua materialità ma anche della sua natura e della sua funzione specifiche.
L’attività su cui gli Archim salutano nel Coordinamento un efficace alleato è quella della vigilanza affinché si sviluppino le condizioni per un effettivo svolgimento della professione. La legge 110/2014 afferma finalmente il principio secondo il quale gli interventi operativi sui bbcc. devono essere affidati a professionisti del settore. Tuttavia la legge stessa contiene al suo interno un’ambiguità che è anche un’insidia laddove parla di professionisti in possesso di “adeguata formazione ed esperienza”: Se l’aggettivo “adeguata” è riferito, fra l’altro scorrettamente dal punto di vista grammaticale, anche a “esperienza”, la domanda che suscita è “quante sono le possibilità che ha oggi una persona adeguatamente formata di fare esperienza altrettanto adeguata nel campo dei bbcc?”. Io direi che sono ridotte. Dobbiamo quindi vigilare affinché gli elenchi nazionali di professionisti (di cui la legge prevede la creazione) siano inclusivi e non facciano scontare ai singoli quel peggioramento qualitativo del lavoro a cui hanno condotto la proliferazione delle forme contrattuali, l’abuso di tirocini e volontariato, le discriminazioni su base anagrafica. Nello stesso tempo dobbiamo sostenere una lotta contro le realtà che ho appena ricordato. Gli Archim si battono, insieme ai loro colleghi, contro l’abuso del volontariato, già nella bozza del Manifesto (e sottolineo la parola abuso, basti pensare all’accordo fra sindacati ed Expo Spa per l’impiego di 18500 volontari in attività come l’accoglienza turistica nell’ambito dell’esposizione del 2015; oppure all’accordo del febbraio scorso tra l’amministrazione pisana e l’Associazione Amici dei Musei, sull’istituzione di una “Sezione specializzata di volontari di pronto intervento” per il recupero e la manutenzione di molti monumenti della città e della provincia, o ancora al recente avviso pubblico per la ricerca di associazioni di volontariato e associazioni culturali per lo svolgimento di attività gratuite nei musei e nelle aree archeologiche e monumentali di competenza della Sovrintendenza Capitolina ai beni culturali). Un punto invece che proponiamo di inserire esplicitamente nel manifesto è quello relativo alle discriminazioni su base anagrafica, vietate de una legge (Il D.lgs. 216/03 che attua la direttiva europea 2000/78) che viene sistematicamente aggirata attraverso l’offerta di tirocini di formazione e di orientamento: ecco il limite dei 35 anni per i famosi 500 tirocini o quello dei 29 per il reclutamento di 150 stagisti da impiegare in attività di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale. Ma una persona di 35 anni o anche di 29 è una persona da “formare” e da “orientare”? Ancora più inaccettabile è il limite dei 40 anni previsto nel Decreto Legge 83/2014 per i contratti a tempo determinato riguardanti luoghi e istituti di cultura di Stato, Regioni ed Enti territoriali.
Altri punti potrebbero essere affrontati e spero che lo saranno in altre occasioni ma oggi ho voluto toccarne alcuni che mi sembrano particolarmente urgenti anche nell’ottica di un completamento e miglioramento del manifesto, affinché sia sempre più chiaro lo spirito che anima il coordinamento dei professionisti dei BB.CC. Credo sia importante che ogni azione concreta sia sostenuta da una precisa visione d’insieme.